Il Grillo Parlante

“Posso muovermi!” balbettò Pinocchio, e provò a muovere gli occhi, poi le braccia, poi i piedi, e fece una capriola. “Sono come un bambino… sono un bambino vero!” gridò. La Fata dai capelli turchini lo guardò e scosse la testa: “Non sei un bambino, ancora. Hai la vita, ma per essere un bambino vero non basta. Dovrai diventare un bambino buono e coscienzioso, dovrai agire seguendo la coscienza”. “Ma io mica ce l’ho la…quella cosa lì, insomma!” disse Pinocchio sgarbatamente. La Fata dai capelli turchini non si scompose, ma guardò da una parte, come se già sapesse dove trovare una coscienza per Pinocchio. Infatti, quasi subito stese la bacchetta magica e la luce che si formò illuminò un esserino piccolo piccolo, che fino ad allora pareva essere stato là, in disparte. “Signor Grillo Parlante – disse con una punta di ironia la Fata dai capelli turchini – io ti nomino coscienza di Pinocchio. Tu gli dovrai dire ciò che è bene e ciò che è male; lo dovrai consigliare, lo metterai in guardia nei confronti delle cattive compagnie, lo aiuterai così ad essere un bambino vero”. Poi la luce si affievolì sempre più, facendo scomparire la Fata dai capelli turchini; e Pinocchio rimase solo con la propria coscienza.

A Tlok non andava proprio giù l’idea di fare come tutti gli altri: “Perché il girasole deve sempre seguire il sole, e non è capace di fare da sé?” si chiedeva, desiderando sempre più svincolarsi da quell’atteggiamento che egli riteneva mortale e oppressivo. Gli altri lo esortavano a seguire quello che, secondo loro, era l’atteggiamento ideale per essere se stessi; ma più passavano i giorni, più nel girasole Tlok aumentava il desiderio di farsi la vita da sé, senza più stare ad osservare il sole. “Ma non sai che siamo noi il sole? Perché continuiamo a guardare là in alto? – esclamò verso l’amico posto accanto a lui – Diamoci una scrollatina e cominceremo a scoprire che noi, solo noi, siamo il sole: noi stessi! Non lasciamoci più condizionare da quel sole lassù!”. “Ma cosa stai dicendo? – rispose quello con atteggiamento di scetticismo – E come potremmo fare a meno del sole? E’ lui che ci dà tutto quanto: la vita, il calore, la crescita: come credi possibile il farne a meno?!”. “Dobbiamo solo renderci conto che possiamo farlo, che possiamo essere autosufficienti. Allora, in quel momento, cominceremo ad esserlo per davvero. Prendendo energia, prendendola per noi, quell’energia che ognuno di noi ha già in sé, ma che ora è coperta dal sole” così Tlok cercava di spiegare al collega
che, però, si mostrava poco d’accordo su queste osservazioni. “Guarda il sole – riprese quello – e capirai che è lui che ci guida, non possiamo essere noi; illuditi pure, fin che vuoi; ma poi, la vita, chi la sostiene? Lui, non tu, non io. Riprenderci l’energia che lui ci sta rubando, dici? Ma non è così: la nostra energia dev’essere guidata, tutto qui: guidata da lui. Tu, invece, vuoi vedere la tua là, al posto
del sole. Non è così, forse?” e gli sorrise. “Bah! – rispose sgarbatamente Tlok, voltandosi dall’altra parte e considerando inutile continuare a cercare di convincere il compagno – Non capirai mai niente! Peggio per te!”. Fly, la cavalletta, che si era fermata ai piedi del girasole ad ascoltare quei discorsi, intervenne: “Ma perché vuoi lasciare il sole? Perché non ti va più di osservarlo?”. Tlok volse lo sguardo a Fly e, contemplandola, rispose: “Ecco, tu sei una fortunata, perché puoi saltare qua e là, dovevuoi; io invece sono qui, incapace di muovermi in avanti e indietro, e impossibilitato a guardare dove vorrei. Ma ora, sto scoprendo questa nuova energia che ho in me, e vedrai che le cose cambieranno”. Sfregandosi le zampe contro lo stelo del girasole, la cavalletta riprese: “Fai come vuoi. Forse avrai ragione tu. Ma io penso che sei destinato a rimanere un girasole,
come io una cavalletta, e niente potrà cambiarci”. “Parole dette al vento, Fly – aggiunse l’altro girasole – ormai non ascolta più nessuno, solo se stesso…vero?” e si volse a Tlok. “Vedrai…e un giorno ti pentirai di non avermi ascoltato” disse impavido Tlok, ergendosi su se stesso. Fly si stiracchiò un poco, poi salutò: “Io vi saluto…e auguri a te, Tlok. Fammi sapere!” e, spiccato un salto, scomparì nell’erba folta. Quella sera, il tramonto del sole fu accompagnato dal silenzio di Tlok, che, racchiudendosi in se stesso, pensava a come potersi liberare, il giorno dopo, dall’influenza del sole, per poter vivere finalmente con la propria energia. Avrebbe mostrato a tutti quegli imbecilli di compagni, che erano sordi ai suoi inviti, che quello che stava dicendo loro era realizzabile. E allora, tutti si sarebbero ricreduti e gli avrebbero portato le loro scuse… e lo avrebbero acclamato come il loro re. E avrebbe così mostrato che l’energia non sta nel sole, ma in ciascuno dei girasoli… e che essi non avrebbero avuto più motivo per stare a seguire l’andamento del sole. E mentre si immaginava queste e altre cose, si addormentò. La mattina seguente, Tlok si propose di non guardare
più il sole; si girò dall’altra parte, e cominciò a sentirsi libero, senza più alcuna restrizione. Gli pareva quasi di camminare! Osservava, ai suoi piedi, il movimento delle formiche; poi seguiva, abbassando il volto fino a terra, il volteggiare e il posarsi a terra degli uccelli; scrutava l’orizzonte, verso il villaggio, poi volgeva lo sguardo al corso del fiume… Ma ogni volta che i suoi petali cercavano di dirigersi verso il sole, con un colpo deciso li richiamava da un’altra parte. Poi, dopo queste emozioni che gli portavano libertà, si calmò e fissò lo sguardo agli altri girasoli che stavano là, guardando tutti nella stessa direzione; e sorrise con ironia: “Poveri pazzi, si stanno perdendo tutto quanto!”. Ecco il
suo compagno, lì accanto, imperterrito, anche lui orientato verso il sole; lo chiamò più volte per mostrargli le possibilità della sua nuova situazione. Ma quello, niente, né un segno, né una risposta. “Goditi il tuo sole - gli esclamò con un sogghigno – mentre io mi sto godendo il mondo!”e continuò a osservare attorno e a sperimentare i nuovi movimenti che solo lui, ora, fra tutti, poteva fare. A un certo punto, da lontano, si udì un canto che si avvicinava; Tlok si piegò a destra, scrutando l’orizzonte attraverso gli alberi del bosco situato ai confini del prato; e mentre osservava si sentiva fiero del fatto che era l’unico a poterlo fare: gli altri, fissi verso il sole, che stava dall’altra parte, non avrebbero mai potuto sapere chi stava arrivando… Era una contadina che, in compagnia delle amiche, veniva verso il prato, intonando un canto al quale ora si accompagnavano anche le altre; si avvicinavano saltellando nell’erba e provocando un fruscio intenso e vivace. Giunte presso i girasoli, restarono tutte un poco ad osservarli; poi, ognuna decise di raccogliere il prescelto: “Io prendo questo…Io invece questo, guarda com’è alto…Io questo: osserva che colori…Ehi, guardate che petali il mio!…”; e avvicinandosi, scavarono nel terreno e raccolsero, uno ad uno, quasi tutti i girasoli. Una delle donne colse il compagno accanto a Tlok e lo pose nella gerla che aveva sulle spalle. Ma lui, no, non lo colse nessuna di loro. Se ne andarono con il carico, ricominciando il canto lasciato a metà. E
lui restò lì, solo. Non riusciva a capire perché lui fosse stato risparmiato; o non lo avevano notato, o era stato fortunato. Già, al primo momento gli parve proprio una fortuna l’essere stato risparmiato da quella raccolta. Ma poi, più il tempo trascorreva, più si sentiva inutile e solo; ora, a che gli valeva l’essere a capo dei girasoli, se questi non c’erano più? Ne restavano solo alcuni, i più malmessi, laggiù, e lui, che, da vincitore, ora stava assaporando soltanto l’amarezza della solitudine e l’inutilità della propria vittoria. Ora, guardando attorno, non vedeva più come prima: non solo mancavano i suoi compagni, ma anche il panorama era diverso: Tlok si stava afflosciando su se stesso e la sua altezza diminuiva sempre più, avvicinandolo alle cime dei fili d’erba. E mentre si vedeva scomparire nel folto dell’erba, tentò più volte di risalire verso l’alto; ma la stanchezza era troppo pesante e lo schiacciava verso il basso, sempre più giù. Così si ritrovò con la faccia nel fango, mentre le formiche andavano avanti e indietro su di lui, come fosse un ponte messo lì per evitare il bagnato. Attorno a sé vedeva solo gli steli dei fili d’erba, e più in là un buio profondo e inesplorabile; di movimenti, ora era
incapace di svolgerne, anche solo minimamente. Rimase adagiato così, nel fango, mentre i suoi petali si inzuppavano sempre più e la sua faccia si imbrattava totalmente in quel terreno. Ora, da lì, rivedeva le possibilità sprecate; ripensava al sole; ai suoi amici, che chissà che fine avevano fatto; sentendosi addosso sempre più il freddo e le proprie paure, rimpiangeva il tempo del calore; nel buio totale,
riscopriva i colori abbandonati e lasciati lontano. Guardandosi, vedeva solo buio e vuoto. Dov’era finita la sua energia, la sua vitalità?!… La richiamò più volte, con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta l’anima; ma il risultato era, sempre più chiaramente, un silenzio assoluto. Quel sole, tanto lontano e ora irraggiungibile dagli occhi, che vedevano solo il fango, come se lo sentiva vicino
nei desideri! Comprendeva ora, sempre più chiaramente, quello che allora non aveva voluto ascoltare dalle parole del compagno: “La nostra energia dev’essere guidata da quella del sole”. Ora, questa guida appariva proprio come la realtà necessaria e fondamentale. Ora, che oramai era troppo tardi per… “Ehi! Tlok!… Mi senti?” gridò Fly dalla cima dell’erba, dove si era posata, e da dove, gongolando, osservava giù sotto. “Sono Fly…ma che ci fai lì sotto? - gridò più forte la cavalletta – Che t’è successo?! Rispondi! Ehi, Tlok!”. Il girasole, che giaceva sempre più immerso, appena
sentì quella voce amica, tentò di rialzarsi, ma le sue forze non glielo permettevano; dopo parecchi sforzi, riuscì a volgere la faccia da un lato; e in quella posizione, respirando profondamente, si rivolse alla cavalletta: “Fly…oh! Per fortuna sei arrivata! Finalmente qualcuno!”. “Ma che ti è successo?” richiese la cavalletta, sporgendosi in avanti per udire meglio. Tlok, tra un respiro e l’altro, raccontò com’erano andate le cose per lui: che si era illuso di poter essere un girasole che poteva fare a meno del sole…ma in quella situazione ora comprendeva sempre più i suoi sbagli e le sue stupide ambizioni… E gli raccontò il fatto che i suoi compagni, quasi tutti, erano stati raccolti da quelle contadine…e chissà che fine avevano fatto!. “Non ti preoccupare per loro – lo rassicurò la cavalletta – venendo qua ne ho visti alcuni sui terrazzi delle case, posti in posizioni soleggiate, contenti. Le
donne li hanno colti per tenerli al villaggio e abbellire le loro abitazioni. Quando poi ho chiesto di te, loro non mi hanno saputo dire niente, e allora sono corsa qui…e ti ho visto quaggiù”. Tlok rimase per un attimo in silenzio. E capì che lui non era stato colto perché non interessava a nessuno come girasole. Era stato considerato inutile e inadatto: lui, che pensava di aver realizzato tutto, considerato
un niente! E ora, avrebbe potuto ancora riprendere vita in quella condizione, senza il sole e senza i compagni che gli davano la forza e il senso dell’esistenza? Espresse a Fly il suo dubbio: “Chi riuscirà a salvarmi, ora, da qui? Non ho più amici qui attorno, per aiutarmi. I pochi rimasti sono malandati; i nuovi girasoli che stanno nascendo qui accanto sono ancora piccoli per poter essere di aiuto. Io da
solo non riuscirò mai!”. “Ti aiuterò io, Tlok, non ti preoccupare! – esclamò la cavalletta, saltando sul filo d’erba posto di fronte – In qualche modo riuscirò a toglierti da lì!”. “Come potresti riuscire, Fly? – disse sempre più sconsolato il girasole – Tu sei una piccola cavalletta…Una vera amica…ma piccola. Anche con tutte le tue forze e la tua buona volontà, come potresti? No, lasciami qui, a
morire. Me lo merito, è soltanto colpa mia ciò che è successo. E adesso io solo devo pagare!”. “Ma che stai dicendo? Vedrai che riuscirò…Vedrai…” – replicò la cavalletta, e si mise a pensare a una soluzione, mentre il girasole si era abbandonato e si lasciava sommergere di nuovo dalla melma. Fly si guardava attorno cercando qualche aiuto, ma non riusciva a trovare nemmeno una minima occasione per recuperare da quella situazione il suo amico; guardando a lui, laggiù, lo vide scomparire sotto il fango. “No, no! Fermati, Tlok! Resisti, non lasciarti andare! – gli gridò, e si gettò giù per aiutarlo; con tutte le sue forze, la cavalletta riuscì a sollevargli il volto e a lanciargli un
appello accorato – Tlok, pensa adesso a salvarti! C’è ancora speranza, prova! Vedrai che riuscirai a uscire di qui! Riusciremo, vedrai!”. Il girasole, scuotendo il capo penzoloni, riaffermava l’inutilità dei tentativi per la salvezza, mentre la cavalletta sosteneva, con sempre maggior fatica, quel peso insopportabile, ripetendo accoratamente gli appelli, affermando la possibilità di una soluzione… Ma
dopo un po’, stremata e impossibilitata a sorreggere l’impossibile, stramazzò violentemente accanto al girasole, mentre lui riaffondò con tutto il peso nella melma, che lo ricoprì. Rialzandosi e scrollandosi di dosso il fango, Fly accorse di nuovo verso l’amico; ma era troppo esausta per
risollevarlo; con le zampe, freneticamente e disperatamente, scavò nella melma che ricopriva il girasole, in un’ultima pur fioca speranza di recuperarlo in quel gesto di vita. Tlok respirava ancora, ma affannosamente e ad intervalli sempre più lunghi; la cavalletta, togliendogli il fango dal volto con la zampa, lo implorava ancora: “Resisti, Tlok!… Non morire, amico mio!…” Ma Tlok non reagiva più a quei richiami e il suo respiro preannunciava ormai vicina la sua morte; Fly rimase un attimo assorta, come a contemplarne la fine, poi gridò: “Il sole!” e guardò lassù in alto, dove, tra le folte erbe, penetrava, fioco, un raggio di luce. Balzò di qua e di là, raggiungendo di nuovo la cima dell’erba, e da lì guardò giù, a dov’era l’amico, come prendendo le misure delle cose da fare; poi si rigettò a capofitto e, strappando da sotto i fili dell’erba, cominciò ad aprire un varco sempre più largo,
dal quale i raggi del sole sempre più intensamente penetravano, illuminando il morente.
Tlok cominciò così a sentire su di sé il calore della vita…a poco a poco sentì ritornare quell’energia, che gli diede la capacità di rialzarsi, piano piano, da quel fango mortale, e di innalzarsi di nuovo verso…”Il sole!”, esclamò pieno di meraviglia e di riconoscenza il girasole; e si lasciò fissare intensamente da quella fonte di vita. Fly, balzata sul suo capo, piangeva di gioia: “Hai visto, Tlok? Ci
siamo riusciti! Grazie al sole!”. “Grazie,Fly! Grazie!” ripeteva emozionato e contento il girasole, mentre con i suoi petali accarezzava la cavalletta. Quel giorno, i nuovi piccoli girasoli di quel prato assistettero a uno spettacolo mai visto: un girasole, con una cavalletta sul capo, si innalzava sempre più in alto, tra di loro…E tutti volsero lo sguardo per lasciarsi illuminare da Tlok. Ed egli, con l’aiuto di Fly, raccontò loro la storia di un girasole che, un giorno...